Pecchia: "Migliorare i singoli, dare idee di gioco e vincere: questo è il mio compito"
Ieri il Parma è stato premiato da Paolo Reggianini, presidente del Gruppo Emilia Romagna Giornalisti Sportivi dell’Unione Stampa Sportiva Italiana, per la grande cavalcata nello scorso campionato di Serie B. L'evento, che ha visto la presenza del sindaco Michele Guerra e del neo Presidente della Provincia Alessandro Fadda, ha celebrato i successi sportivi degli atleti e delle squadre di Parma. A margine della cerimonia, mister Fabio Pecchia ha risposto alle domande dei giornalisti presenti. Questo un estratto delle sue dichiarazioni: "Il Parma è il Parma, ci sono tante realtà, la visione del club è chiara. Io sono al terzo anno ma fin da subito è stata molto: puntare su giovani di proprietà, il mio lavoro sta nel migliorare i singoli, dare idee di gioco e vincere le partite, perché alla fine viene chiesto questo. Bisogna migliorare ogni singolo giocatore, per dare anche una certa sostenibilità al club. Anche quest'anno affrontiamo il campionato di Serie A con la rosa più giovani, tra le più giovani in Europa. L'idea è chiara, sapendo a cosa andiamo incontro"
Hai preferito costruire una squadra che puntasse a fare un gol in più rispetto che prenderne uno in meno?
"La costruzione della squadra è chiara, vogliamo fare un calcio propositivo, cercare sempre il gol che sia in casa o fuori casa. Non ostruzionismo ma costruzione del gioco. Delle volte ci siamo trovati a creare tanto, altre a subire più del dovuto".
Si dice che Parma sia la piazza ideale per i giovani, in quanto ex calciatore oltre che allenatore è d'accordo?
"Sicuramente Parma è una città straordinaria, si vive bene, anche il clima all'interno dello stadio lo è. E' tutto il contorno del club che deve aiutare il miglioramento e la crescita dei giovani, se il club è costruito in modo tale da investire sui giovani il miglioramento è agevolate".
Hai fatto tante esperienze all'estero, cosa sta portando il fenomeno delle proprietà straniere in Italia?
"Quello che ho vissuto mi ha permesso di conoscere tante realtà, si può fare calcio in tanti modi. La Spagna non è il Real, il Real è mondiale. Poi ho vissuto l'Inghilterra, il Giappone, l'Italia. E' un calcio in continua evoluzione, bisogna adeguare un po' tutte le figure, anche gli allenatori devono adeguarsi alle richieste del mercato e al modo di operare diverso dei club. E' solo un adeguamento. Non c'è nulla di strano nel lavorare con un patron straniero, si tratta solo di apertura ad un modo di operare che potrebbe essere diverso rispetto ad un club tradizionale"
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