Pecchia si racconta: "Dal primo giorno bellissime sensazioni. Ora la priorità è costruire una squadra competitiva"

01.06.2024 12:19 di  Niccolò Pasta   vedi letture
Pecchia si racconta: "Dal primo giorno bellissime sensazioni. Ora la priorità è costruire una squadra competitiva"
© foto di ParmaLive.com

Intervistato da Radio Bruno, il mister del Parma Fabio Pecchia ha ripercorso le tappe della stagione crociata, con cui ha ritrovato la Serie A: "La colonna sonora della stagione? I ragazzi hanno cantato una musica bella, l'hanno trasmessa ai tifosi ed è la cosa più bella perché tutti si sono riconosciuti". 

Spesso prepara allenamenti ascoltando musica.
"Mi piace tutta la musica italiana, di ogni genere. Nell'ultimo periodo ho ascoltato le musiche di Sanremo che sono state parte del nostro spogliatoio. Era diventata una barzelletta per lo staff 'Torna a casa' dei Maneskin perché andava messa sempre (ride, ndr)". 

Pecchia che uomo è?
"Sono stato un figlio che è andato via da casa troppo presto, ora sto cercando di godermi i genitori. Mi piace stargli vicino. Sono un papà presente per quanto possibile: fino a qualche anno fa la famiglia era con me, a Madrid, a Verona, ora da qualche anno le strade si sono un po' divise perché portarli in giro era complicato. Stiamo a Bologna, ci siamo trovati bene, è un giusto compromesso per mentalità, modo di vivere e le strutture. L'Emilia-Romagna è una bella regione". 

Il paese natale, Lenola. 
"È il mio rifugio. D'estate siamo lì, ci sono le nostre famiglie e ci permette di vivere vicino al mare e con un clima temperato, fresco, che ci permette di fare le vacanze lì. Sono stato poco lì, fino a che avevo 12 anni, ma avere la famiglia, i genitori, mia moglie, mi lega molto al posto. C'è un legame forte". 

La sua famiglia era a Parma durante la festa.
"Mia madre non vedeva una partita da trent'anni, è tornata a vederla per la partita con lo Spezia. Poi ci ha preso gusto, ha visto quella con il Lecco e con la Cremonese, dove c'era anche mio padre che non ha mai visto una mia partita. Veniva allo stadio quando giocavo a Napoli ma poi usciva. Penso lo abbia fatto anche con la Cremonese. È molto critico, ma è un modo di vedere diverso". 

A casa Pecchia si tifa Pecchia.
"Si tifa per la squadra per cui lavoro o per chi ho giocato. Hanno tifato Napoli, Verona, tutte". 

Più difficile fare l'allenatore o laurearsi in giurisprudenza?
"Sono due percorsi complicati ma diversi. Dopo la laurea ho detto che valeva più della Champions, che ho perso in finale ad Amsterdam con la Juve. Il percorso universitario è durato 10 anni, mi sono laureato quando avevo già due bambini ed è stato un bel lavoro. In tanti mi chiamano avvocato, è un abuso di titolo perché Boskov mi vide studiare e da lì mi chiamò avvocato". 

Boskov è stato l'allenatore più importante?
"Non posso escludere nessuno, ho avuto tanti allenatori e tutti importanti. Non escludo nessuno, anche con chi non c'era grande feeling. Con Boskov, Simoni, Guidolin, Lippi ho avuto il rapporto più profondo, ma anche Spalletti per il legame che si è portato per tanto tempo". 

Com'è la giornata tipo di Pecchia?
"Mi sveglio presto perché fare Via La Spezia al mattino è complicato, arrivo a Collecchio alle 7.30 e da lì parte la giornata. Ho i primi contatti con i ragazzi delle pulizie e con Francesco all'ingresso, mi piace condividere con chi c'è le prime ore. Poi da lì si parte". 

Cosa le piace di Parma?
"Mi piace la serenità e il modo di vivere la città e lo sport. La soddisfazione maggiore è che a volte il tifo sembra distaccato ma quando si crea il rapporto è molto forte e la dimostrazione c'è stato post Cremona, dove l'abbraccio è stato inaspettato ma straordinario. Il pubblico di Parma ha risposto alla grande". 

Qual è stato il primo pensiero dopo Bari?
"Ce l'abbiamo fatta! Il periodo finale è stato molto formativo per tutti, per me e i ragazzi. Dopo una cavalcata del genere avvicinarsi all'obiettivo che però non arrivava non era facile. Il fischio finale ci ha fatto dire che ce l'avevamo fatta. Ho ricevuto tanti messaggi, a Bari c'era mio fratello, mio nipote". 

Quando rinnova Pecchia?
"Mi fa piacere che continuerò a lavorare con Mauro Pederzoli, lo facciamo da due anni e stiamo dando continuità e stabilità. Condividiamo il percorso, ora c'è lavoro da fare davanti. Con il club stiamo mantenendo stabili le linee. Poco importa in questo momento se rinnovo io, ci sono priorità e ora la priorità è la formazione di una squadra che sia competitiva". 

Che rapporto ha con lo staff?
"Molto diretto. Ho uno staff allargato perché ho trovato un club molto organizzato, ho cercato di creare un unico staff e per me è una grande soddisfazione.  Mi piace avere una comunicazione paritaria, chiaro che alla fine bisogna fare scelte e dare linee guida. Mi piace mantenere un rapporto paritario". 

Chi l'ha messa più in difficoltà tra i giocatori allenati?
"Tutti mi hanno dato filo da torcere. È bellissimo vedere la crescita dei giovani, tutti mi hanno fatto sudare perché è l'età. Quando ti rapporti ai giovani così freschi e devi competere per vincere è impegnativo. Lavorare con i ragazzi porta questo, ci vuole lavoro ma anche pazienza, oltre che fiducia e tempo. Non posso dire con chi è stato facile, ma con tutti è stato impegnativo". 

Un aneddoto della cavalcata?
"Dal primo giorno che ci siamo trovati a Collecchio e siamo andati in ritiro in montagna non c'è stato un episodio particolare, ma il modo di stare insieme mi dava bellissime sensazioni. Dall'allenamento, la colazione, il viaggio, volevamo stare insieme e mi sono detto che sarebbe stato un anno bello. Anche quel trofeo vinto ad Elche è stato un bellissimo segnale". 

Vaeyens meglio da direttore o da giocatore di padel?
"Abbiamo lavorato insieme 18 mesi, ma a padel è fortissimo. Io sono un comprimario quando gioco con lui". 

Doppio consiglio: un libro e una canzone per l'estate. 
"Leggo pochi romanzi ma molti saggi, ognuno deve leggere ciò che si sente. La musica deve fare parte della vita, la squadra e il calcio devono essere musica. Sono due cose che vanno di pari passo".