Asprilla: "Osio e Apolloni le mie guardie del corpo". E poi ricorda i tanti aneddoti di Parma
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L'ex crociato Tino Asprilla si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, partendo proprio dal suo arrivo in Italia: "Parma mi conquistò subito. Abitavo in un appartamento nel centro della città. Ero solo, perché mia moglie Catalina era rimasta in Colombia. Non sapevo cucinare, mi facevo delle bistecche che puntualmente bruciavo. Poi i miei compagni ebbero pietà e cominciarono a portarmi fuori a mangiare. Osio e Apolloni diventarono le mie guardie del corpo. Per me erano come fratelli".
Sul rapporto con Scala: "Lui parlava di tattica e io non capivo nulla. Avevo bisogno del pallone per divertirmi, per correre, per superare l’avversario. Figuratevi se m’importava del 3-5-2 o delle marcature a scalare... Un giorno Scala mi chiese di correre per mezz’ora sui bastioni della Cittadella. Gli lanciai contro le scarpe e gli dissi: “Non sono mica Forrest Gump, io faccio il calciatore”. E me ne andai dallo spogliatoio".
Sulla rete al Milan: "Non dimentico nulla, nemmeno che Scala non voleva che calciassi quella punizione. Dalla panchina urlava: “No, Tino. No, Tino”. Io me ne fregai, partii e disegnai una palombella fantastica. Sebastiano Rossi non si mosse. Gol! Feci la capriola ed entrai nella storia: con quella rete avevamo battuto gli Invincibili. In Colombia la vittoria del Parma fu la prima notizia del telegiornale: ero un eroe".
Infine quella volta che colpì il presidente Pedranseschi: "Mamma mia che paura! Per scommessa, da centrocampo calciai forte con l’intenzione di colpirlo proprio in testa, e ci riuscii. Lui cadde, sembrava morto. Non mi diedi pace finché non lo rimisero in piedi".