Un addio amaro ma inevitabile. Pecchia, però, non paga solo colpe sue
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Il calcio, si sa, non ammette sentimentalismi. E così, con una decisione che era nell’aria da settimane, il Parma ha scelto di esonerare Fabio Pecchia. Una scelta che, a ben vedere, appare tanto comprensibile quanto tardiva. L’ex allenatore crociato paga colpe proprie, ma anche errori che non gli appartengono, e lascia un Parma che negli ultimi mesi sembrava essersi smarrito, irriconoscibile rispetto alla squadra che aveva saputo entusiasmare, soprattutto lo scorso anno. Fabio Pecchia ha indubbiamente commesso errori. Il suo Parma, specialmente dall’inizio del 2025, ha mostrato lacune evidenti, in particolare nella fase difensiva. Una squadra spesso sbilanciata, incapace di trovare equilibrio e solidità, con un gioco che, col passare delle settimane, si è progressivamente affievolito fino quasi a scomparire. Una metamorfosi inspiegabile per una formazione che, nella scorsa stagione, aveva mostrato un’identità chiara, fatta di dinamismo e qualità.
L’allenatore non è riuscito a correggere il tiro, a dare risposte concrete a una crisi sempre più profonda. E quando una squadra appare “troppo brutta per essere vera”, spesso l’allenatore diventa il capro espiatorio più semplice da sacrificare. La decisione dell’esonero, dunque, ha una sua logica: Pecchia non sembrava più in grado di invertire la rotta e la società, evidentemente, ha preferito cambiare guida prima che fosse troppo tardi. Anche il rapporto con i giocatori non sembrava più lo stesso: la frattura pareva ormai evidente e i vari episodi di contestazione (solo contro la Roma Cancellieri e Bernabé sono usciti frustrati, mentre Estevez non ha nascosto il fastidio per l'ennesimo mancato ingresso dopo essersi riscaldato per un'ora, ndr) non poteva portare ad epilogo diverso.
Ma sarebbe ingiusto addossare tutte le responsabilità all’allenatore. Il Parma, in questa stagione, ha pagato anche scelte societarie discutibili, a partire da un mercato che ha lasciato molti perplessi. Lacune evidenti mai colmate, una strategia che non ha dato i frutti sperati: sono tutti fattori che hanno contribuito al declino della squadra. E in questo scenario Pecchia si è trovato a dover gestire una situazione complessa, senza gli strumenti adeguati per uscirne. Il ritardo con cui è arrivata la decisione dell’esonero è un altro elemento su cui riflettere. Forse, intervenire prima avrebbe potuto salvare una stagione che ora rischia di sfuggire di mano, seppure il gap salvezza sia davvero minimo. Ma il calcio vive di momenti e di equilibri fragili, e solo il tempo dirà se la scelta della società sarà stata davvero quella giusta, quella di un allenatore esordiente che non avrà un compito facile.
Al di là dell’epilogo amaro, a Pecchia vanno comunque riconosciuti i meriti per quanto fatto a Parma. Ha riportato entusiasmo, ha guidato la squadra con coraggio, ha saputo costruire un’identità che purtroppo, negli ultimi mesi, si è dissolta. Il calcio, però, è spietato e non concede sconti: oggi il Parma volta pagina, ma il lavoro di Pecchia resterà nella memoria di chi ha visto, anche solo per un periodo, una squadra capace di giocare un calcio propositivo e ambizioso. L’addio era forse inevitabile, ma resta il rammarico per una storia che poteva avere un finale diverso. E ora tocca alla società dimostrare di aver imparato dai propri errori, perché un cambio in panchina da solo non basta per risolvere problemi più profondi.