Scavando dentro al bilancio del Parma Calcio: la retrocessione non è contemplata, non solo sul piano sportivo ma anche e soprattutto economico

In questo momento l'attenzione di tutto ciò che gravita attorno all'ecosistema Parma Calcio ruota attorno alla salvezza, che la squadra di Chivu a piccoli passi sta cercando di conquistare in queste ultime giornate. La pubblicazione del bilancio del 2024 però ci consente per un attimo un rapido excursus al di fuori delle vicende sportive. O forse no. Da una rapida analisi dentro il bilancio del Parma, infatti, anche chi non mastica di materia economica può rendersi conto di quanto la permanenza in Serie A vada ben oltre il discorso puramente calcistico. La prima cosa che balza all'occhio è che la struttura del Parma Calcio, per essere sostenibile, ha bisogno dei ricavi garantiti dalla permanenza in massima serie e una retrocessione, pur tenendo conto dei vari paracaduti e supporti economici, sarebbe comunque un danno enorme.
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Ci addentriamo quindi nei numeri del bilancio condiviso in settimana dal Parma Calcio: per capire l'impatto della Serie A sulle casse del Parma, la cosa più immediata è un confronto con la passata stagione. Sarebbero tante le voci da prendere in considerazioni e i fattori da analizzare, ma per semplificare in questo articolo ci concentreremo su due indicatori piuttosto concreti: ricavi e costi. La forbice tra i due rimane, anche per quest'anno, piuttosto ampia: il bilancio del club ducale rimane in negativo, anche se, rispetto agli 80,4 milioni di passività fatti registrare l'anno scorso, quest'anno si è scesi a 63,4. Per il momento, il Parma Calcio continua ad essere completamente dipendente dalle immissioni di capitale del proprietario, ma andiamo a vedere nel dettaglio i ricavi e i costi del club.
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Partiamo dai ricavi, che sono cresciuti passando dai quasi 29 milioni dell'anno scorso ai 41,5 milioni di quest'anno. Il motivo principale, inutile dirlo, è il ritorno in Serie A. La variazione maggiore infatti, rispetto all'anno scorso, riguarda naturalmente i diretti tv, che hanno fruttato al Parma 16,6 milioni, contro i quasi 3 di un anno fa. Un salto enorme, che dipende solo ed esclusivamente dalla categoria in cui si gioca. Spostandoci invece sui ricavi dalle partite, le cifre sono cresciute di 1 milione: si è arrivati fino a 4,5 milioni, di cui due dalla vendita dei biglietti per le gare di campionato, 1,6 dagli abbonamenti (quasi un milione in più dell'anno prima) e quasi 800mila da ricavi di altro tipo. Con il salto di categoria crescono anche proventi da sponsorizzazioni e pubblicità, di oltre 4.2 milioni rispetto all'anno prima. In particolare, 4,4 arrivano da sponsor, 4,7 dalle pubblicità e quasi 200mila da proventi commerciali e altre royalties. C'è stato invece un calo nei ricavi derivanti da gestione dei giocatori: oltre 2 milioni in meno incassati da cessioni sul mercato rispetto all'anno prima, a cui aggiungere un altro declino di proventi dalla gestione di calciatori.
Analizzando i costi invece, la notizia è che il Parma ha speso meno rispetto all'anno precedente. Quest'anno infatti, l'ammontare complessivo si attesta sui 105,8 milioni contro i 109,2 del 2023. Un trend ottimo per una squadra passata dalla Serie B alla massima serie. Questo anche e soprattutto perché la struttura della società già dall'anno prima era da Serie A, con costi esorbitanti rispetto ad ogni altra realtà del campionato cadetto. Se per una squadra di Serie B questa struttura era insostenibile, ora con i nuovi ricavi della massima serie il club punta a mantenerla. Per farlo, ovviamente e ancora una volta, torniamo sempre: il Parma deve salvarsi.
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Venendo all'analisi, come ha fatto quindi il Parma a contenere i costi? Intanto c'è da dire che gli effetti del cambio di categoria non sono immediati, ma la risposta a livello di conti ci mette più tempo a concretizzarsi. Detto ciò, il calo principale dei costi a bilancio è dovuto al crollo alla voce ammortamenti e svalutazioni. Questo grazie ai lunghi contratti firmati dai nuovi innesti, che permettono al Parma di spalmare i costi su più anni, oltre ad una gestione più oculata delle sessioni di mercato delle stagioni precedenti. Si è passati quindi dai 35,7 milioni dell'anno scorso ai 27 di quest'anno, quasi dieci in meno. Calano anche i costi per servizi (che includono allenamenti, ritiri, trasferte, trasporti, allogi e servizi biglietteria), con un decremento da 17,1 a 16,4 milioni. In crescita, invece, i costi del personale, con un incremento in particolare legato ai salari, con l'aumento del monte ingaggi dovuto al ritorno in massima serie. Nel 2024 sono quindi 49,2 i milioni spesi per il personale, contro i 43,8 dell'anno prima. Chiudono altri costi, che includono voci quali altri oneri di gestione e costi per sub-concessione e utilizzo del Tardini (che al Parma costa quasi 1,6 milioni l'anno), per un totale di 13,1 milioni che, assieme agli altri costi già citati porta il valore di poco oltre i 100 milioni.
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